Temporary Fault - by Massimo Ricci
Possibly (and partially) influenced by Aidan Baker and, just maybe, Peter Wright, Mauri utilizes looped guitars plus selected drum parts to concoct five tracks that sound normal at first, perturbed after a while, infuriated at one point, engaging throughout. Every trick of the trade is put at work: dappled resonances, stratified jangling, overdriven nervousness, slight detuning, transgendered arpeggios where discordant lines and straightforward melodies fight for a place in the sun, the result a nice mess of contrasting sensations. “Pulse/Loop” introduces a welcome rhythmic factor underlying mucky reiterations and semi-industrial echoes tarnishing an otherwise ordinary sequence, yet this limited compositional allure is exactly what constitutes its strength. “Choke” and the splendid, conclusive “All That Remains” touch on aspects of guitar-based entrancement that will satisfy the many fans of the genre, but Mauri does possess a personality of his own, a kind of humbleness which I couldn’t really explain but is clearly felt. Lacking the disproportionate ambition and inane affectation typical of the majority of his compatriots, this is in my opinion the most honest music released by an Italian on Creative Sources to date.
15 marzo 2009
8 marzo 2009
Sands Zine Review
Sounds and Silence Zine - by Alfredo Rastelli
Si allunga la lista degli italiani che sono approdati alla corte di Ernesto Rodrigues e della sua Creative Sources, ormai indiscusso punto di riferimento della musica improvvisata europea. Stavolta è il turno di Luca Mauri che i lettori di Sands-zine conosceranno per essere la chitarra degli I/O nonché membro dei Two Dead Bodies e Kokoro Mayikibo. “Between love and hate” appaga la voglia di sperimentazione di Luca Mauri, di liberarsi dai cliché e soprattutto di improntare, con la sua chitarra, un discorso differente da quello fin adesso portato avanti. Come in una storia d’amore che si sviluppa in bilico tra due estremi, amore ed odio, così il rapporto di un musicista con il suo strumento non è mai statico ma si evolve fino a raggiungere mete inesplorate, anche grazie ad opposti approcci. Dico questo perché Mauri cambia radicalmente registro rispetto a le cose che gli abbiamo visto fare fin ad ora, mettendosi coraggiosamente in gioco. Le cinque tracce del disco sono, infatti, sperimentali suite di chitarra ed effetti, tra trovate soniche e ricerca melodica. Si parte con a quiet storm, avviluppata a sonorità melodiche e delicatamente trasversali, per continuare con decline of a beautiful face (il mio preferito), ridondante di arpeggi ad incastri ed umori malinconici che vanno via via a collassare, sul finire, nel noise; in pulse/loop entra in ballo il suono percussivo delle corde (nonché anche di una batteria minimale), ma è tutto il pezzo a viaggiare su più strati sovrapposti di differenti stili ed effetti; le ultime due tappe del disco, sono choke, una suite rumorista con incedere catacombale che per strada si trasforma in muro del suono, ed, in ultimo, all that remains, ovverosia, tutto ciò che rimane, suoni parassitari e ancora un tocco di astratta melodia. Una gran bella prova ed una sfida vinta.
Si allunga la lista degli italiani che sono approdati alla corte di Ernesto Rodrigues e della sua Creative Sources, ormai indiscusso punto di riferimento della musica improvvisata europea. Stavolta è il turno di Luca Mauri che i lettori di Sands-zine conosceranno per essere la chitarra degli I/O nonché membro dei Two Dead Bodies e Kokoro Mayikibo. “Between love and hate” appaga la voglia di sperimentazione di Luca Mauri, di liberarsi dai cliché e soprattutto di improntare, con la sua chitarra, un discorso differente da quello fin adesso portato avanti. Come in una storia d’amore che si sviluppa in bilico tra due estremi, amore ed odio, così il rapporto di un musicista con il suo strumento non è mai statico ma si evolve fino a raggiungere mete inesplorate, anche grazie ad opposti approcci. Dico questo perché Mauri cambia radicalmente registro rispetto a le cose che gli abbiamo visto fare fin ad ora, mettendosi coraggiosamente in gioco. Le cinque tracce del disco sono, infatti, sperimentali suite di chitarra ed effetti, tra trovate soniche e ricerca melodica. Si parte con a quiet storm, avviluppata a sonorità melodiche e delicatamente trasversali, per continuare con decline of a beautiful face (il mio preferito), ridondante di arpeggi ad incastri ed umori malinconici che vanno via via a collassare, sul finire, nel noise; in pulse/loop entra in ballo il suono percussivo delle corde (nonché anche di una batteria minimale), ma è tutto il pezzo a viaggiare su più strati sovrapposti di differenti stili ed effetti; le ultime due tappe del disco, sono choke, una suite rumorista con incedere catacombale che per strada si trasforma in muro del suono, ed, in ultimo, all that remains, ovverosia, tutto ciò che rimane, suoni parassitari e ancora un tocco di astratta melodia. Una gran bella prova ed una sfida vinta.
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